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La Basilica di San Petronio è la chiesa principale di Bologna, dove domina Piazza Maggiore. La sue imponenti dimensioni (132 metri di lunghezza e 60 di larghezza, con un'altezza della volta di 45 metri) ne fanno la quinta chiesa più grande del mondo. Dedicata al santo patrono della città (che ne fu vescovo nel V secolo), la sua costruzione risale al 1390, quando il comune diede incarico a Antonio Di Vincenzo dei lavori di edificazione di una grande cattedrale in stile gotico, che nelle prime intenzioni voleva surclassare - per dimensioni - la Basilica di San Pietro a Roma (il progetto di tale maestosità fu bloccato per volere papale).
La basilica godette fin da subito di grande prestigio, tanto che fu scelta da Carlo V per l'incoronazione a imperatore da parte di Clemente VII nel 1530.
I lavori si prolungarono a lungo nei secoli: dopo la realizzazione della prima versione della facciata, nel 1393 furono iniziati i lavori per le cappelle laterali, lavori che furono conclusi solo nel 1479. Le decorazioni della navata centrale sono ad opera di Girolamo Rainaldi che si occupò della loro realizzazione fra il 1646 e il 1658.
L'abbellimento della facciata con i nuovi portali minori a corollario del portone centrale di Jacopo della Quercia accompagnò anche il rivestimento della facciata. Ma i lavori furono più volte fermati e ripresi: numerosi architetti (fra questi Baldassarre Peruzzi, Jacopo Barozzi Da Vignola, Andrea Palladio, Alberto Alberti) sono stato chiamati a proporre soluzioni artistiche senza mai trovare una soluzione definitiva. A tutt'oggi la facciata risulta ancora incompleta.
La basilica fu trasferita alla diocesi solo nel 1929 e non fu consacrata fino al 1954; solo dal 2000 conserva le reliquie del santo patrono, fino ad allora conservate nella basilica di Santo Stefano.
Al suo interno si segnalano il Matrimonio mistico di Santa Caterina di Filippino Lippi, una Madonna e Santi di Lorenzo Costa il Giovane, una Pietà di Amico Aspertini.
Notevoli sono il gioco di colori degli intonaci e le vetrate policrome.
Di rilievo anche il coro ligneo quattrocentesco di Agostino de' Marchi, i due organi monumentali (quello a destra, risalente al 1475, è il più antico fra i grandi organi giunti fino a noi ed è il primo a registri indipendenti, realizzato da Lorenzo di Giacomo da Prato; quello di sinistra venne aggiunto alle fine del XVI secolo).
Di interesse anche il ciborio dell'altare maggiore eretto nel 1547 dal Vignola.
La quarta cappella sul fianco sinistro, cappella Bolognini, decorata all'inizio del Quattrocento, ha una ricca transenna marmorea in stile gotico; sull'altare troviamo un ricchissimo polittico ligneo gotico dorato e policromato, con ventisette figure intagliate e altre dipinte. Le pareti sono, nella loro totalità, affrescate da Giovanni da Modena: a destra il viaggio dei Magi; in quella di fronte episodi della vita di S. Petronio. A sinistra il complesso del giudizio universale presenta una raffigurazione di tipo dantesco, diviso in tre fasce; in alto il paradiso, luogo dei santi, con l'incoronazione della Madonna e Cristo in una forma mandorlata (Deisis), in basso troviamo l'arcangelo Michele e l'inferno diviso in bolge, con una gigantesca figura di Lucifero e Maometto sdraiato.
Nella chiesa è possibile ammirare anche la Meridiana di Giandomenico Cassini, costruita nel 1655 su progetto dell'astronomo Giovanni Domenico Cassini: i suoi 66,8 m di lunghezza ne fanno la più lunga linea meridiana al mondo.
La chiesa ospita le spoglie di Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone.
La basilica di San Petronio affascinò Giosuè Carducci, che le dedicò la poesia Nella piazza di San Petronio.
Curiosità:
l'affresco quattrocentesco di Giovanni da Modena collocato nella Cappella Bolognini, e rappresentante tra le altre cose il profeta Maometto tra i condannati agli Inferi, ha ricevuto recentemente grande attenzione di cronaca. Nel settembre 2002, secondo alcune intercettazioni casuali delle forze dell'ordine, avrebbe addirittura rischiato di diventare l'obiettivo di un attentato da parte di un fantomatico gruppo terroristico affiliato ad Al-Qaida. Si trattava tuttavia di un falso allarme: non esisteva alcun gruppo terroristico di sorta e i tre magrebini - immediatamente additati come terroristi all'opinione pubblica italiana dalle autorità e dai mass media - si rivelarono essere nient'altro che turisti. Arrestati insieme alla guida locale che descriveva loro le opere d'arte presenti nella cattedrale, furono scarcerati pochi giorni dopo e prosciolti da ogni accusa.
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