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Paragonabile a un
vasto triangolo compreso tra Appennini,
Po e mare Adriatico, l’Emilia-Romagna ha
una struttura morfologica piuttosto
semplice. Tratto caratteristico della
morfologia regionale è il trapasso da
una zona altimetrica all’altra, che
raramente assume aspri contrasti: il
paesaggio ha quasi ovunque forme morbide
e dolci.
Il 48% del territorio è occupato da una
vasta sezione della Pianura Padana; la
restante superficie comprende, in parti
quasi eguali, una fascia montuosa e una
collinare. All’estremità occidentale la
regione include un breve settore
dell’Appennino ligure, incuneato, con
alcuni massicci che superano i 1.700
metri di quota (monti Lesima, Penna,
Maggiorasca), tra Lombardia, Piemonte e
Liguria; esso termina per convenzione al
passo della Cisa (1.041 m), attivissima
via di comunicazione percorsa dalla
strada e dall’autostrada Parma-La
Spezia. Appartiene invece alla regione
quasi tutto il versante settentrionale
dell’Appennino tosco-emiliano.
Questa sezione appenninica non presenta
una linea continua di crinale, ma è
costituita da tronconi di varie catene,
ciascuna delle quali per breve tratto
forma lo spartiacque tra i fiumi che
scendono all’Adriatico e quelli che
sfociano nel mar Tirreno, separate da
valli poco profonde, secondo la
cosiddetta disposizione “a quinte”. Ha
cime non aspre e che solo in alcuni casi
superano i 2.000 metri; la massima
elevazione è rappresentata dal monte
Cimone (2.165 m). Sono caratteristiche
di questo tratto dell’Appennino le molte
dorsali che si diramano dalla principale
linea di cresta, determinando una tipica
morfologia a pettine; alle dorsali
montuose fa seguito una fascia di
modeste alture collinari (Subappennino).
Le forme del rilievo sono determinate
soprattutto dalla natura delle rocce,
che alternano formazioni tenere e quindi
facilmente soggette all’erosione ad
altre molto compatte e resistenti; vi è
comunque una diffusa presenza di terreni
argillosi friabili, che costituiscono il
fattore determinante la morbidezza delle
forme, ma che sono facile preda
dell’attività erosiva, soprattutto da
parte delle acque di scorrimento. Si
formano in questo modo i cosiddetti
calanchi, piccoli solchi fittamente e
minutamente ramificati e soggetti a
erosione accelerata. Frequenti sono
perciò le frane, sia nell’Appennino sia
nel Subappennino.
I valichi transappenninici annoverano,
oltre al citato passo della Cisa, tra
Emilia, Toscana e Liguria, quelli non
meno importanti che raccordano la
regione con la Toscana, tra cui i passi
della Porretta (932 m), percorso appunto
dalla Porrettana, cioè la rotabile
Bologna-Pistoia, quello dell’Abetone
(1.388 m) e quello della Futa (903 m),
percorso dalla statale Bologna-Firenze.
La pianura, che procedendo da ovest
verso est si allarga progressivamente,
digrada dolcemente verso l’Adriatico,
senza presentare quella discriminazione,
piuttosto netta sul lato alpino della
Pianura Padana, tra alta pianura,
ciottolosa e piuttosto arida, e bassa
pianura, ben irrigata e assai fertile.
La pianura emiliano-romagnola, formata
dai depositi lasciati dai molteplici
fiumi che scendono dall’Appennino, è
infatti quasi ovunque fertile,
eccettuata la sezione settentrionale
della fascia costiera, dove i terreni
sono salmastri e paludosi. Il litorale
adriatico, tipicamente basso e non
adatto ai porti, presenta due zone ben
diverse. A nord, tra il tratto emiliano
del delta del Po (in provincia di
Ferrara) e la foce del fiume Reno, si
susseguono una serie di aree depresse,
con lagune, isolotti fangosi e terreni
paludosi: è una zona instabile, soggetta
alternativamente alle alluvioni fluviali
e alle ingressioni del mare.
La più vasta depressione corrisponde
alle cosiddette Valli di Comacchio (il
nome “valle” deriva dall’argine, vallum
in latino, eretto a difesa dei terreni);
già all’inizio del XX secolo si
estendeva per circa 500 km², quasi un
quinto del territorio della provincia di
Ferrara, ma è stata poi quasi
interamente prosciugata e bonificata per
renderla adatta all’agricoltura, ormai
fiorente. Dalla foce del Reno sino al
confine con le Marche il litorale è
uniforme e sabbioso; la pianura
retrostante ha terreni compatti e
fertili. Il Reno (211 km di lunghezza,
4.626 km² di bacino idrografico) è il
più lungo fiume dell’Emilia-Romagna,
nonché l’unico rilevante corso d’acqua
che non sia un affluente del Po; ha le
sue sorgenti nel monte Cimone e sfocia
nell’Adriatico subito a sud delle Valli
di Comacchio. Il Po, che segna il
confine con la Lombardia eccetto che in
corrispondenza della provincia di
Mantova (Oltrepò Mantovano), riceve
tutti i corsi d’acqua emiliani a nord
del Reno. I principali sono il Taro (125
km), che nasce dal monte Penna,
nell’Appennino ligure, il Secchia (172
km) e il Panaro (148 km), che nascono
entrambi nell’Appennino tosco-emiliano.
Caratteristica comune a tutti i corsi
d’acqua della regione, alimentati solo
dalle precipitazioni, è il regime molto
incostante, con piene primaverili e
autunnali, e magre estive.
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"Emilia-Romagna"
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